Hayden Torey L. - 2008 - La foresta dei girasoli by Hayden Torey L

autore:Hayden Torey L. [Hayden Torey L.]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788850224487
Google: DgH9TgEACAAJ
editore: TEA
pubblicato: 2011-02-14T23:00:00+00:00

Era una notte molto calda. Tutte le finestre e la porta sul retro erano aperte e papà aveva messo il ventilatore sul bancone della cucina. Rombava a destra e a sinistra, soffiandomi i capelli sul volto quando il getto era indirizzato verso di me. Eravamo tutti e due seduti, con la fronte imperlata di sudore, e bevevamo una tazza dopo l’altra di caffè fumante.

«Sai, sto pensando», dissi, «che, quando la scuola sarà finita, magari me ne andrò via per un po’».

Lui alzò lo sguardo di scatto. Stava dosando accuratamente lo zucchero nella sua tazza, lo mescolava, lo guardava, ne aggiungeva ancora un tantino. La mamma non metteva mai lo zucchero, soltanto la panna, mentre mio padre non si era mai adeguato a quel gusto denso e forte. Ma in quell’istante si fermò, tenendo il cucchiaio, con lo zucchero e tutto, sospeso sopra la tazza.

«Vuoi dire al college?» domandò con voce sospettosa. Io sapevo che lui sapeva che non intendevo il college.

Scossi il capo. «No. Semplicemente via».

«Dove?» Mi strinsi nelle spalle. «Non lo so. Ho soltanto bisogno di andarmene».

Con la fronte corrugata, abbassò il cucchiaio nel caffè e mescolò.

«Non voglio neanche sentirne parlare, per il momento, Les. Nelle ultime settimane sono accadute fin troppe cose. Abbiamo tutti bisogno di riassestarci. Non metterti in mente di fare delle stranezze».

«Non sono stranezze. Voglio soltanto andarmene via per un po’.

Ho bisogno di uscirne. Ho bisogno di pensare. Mi sento come se avessi addosso un macigno».

Lui non replicò.

«Non sopporto più di stare qui».

Mi guardò. «Che cosa non sopporti?» Vagai con lo sguardo per la cucina. Il bancone era cosparso di resti dei preparativi per la cena: utensili sporchi, mezza cipolla, bucce di patate sul ripiano di scolo del lavello. Mi domandai che cosa, di lì a dieci o vent’anni, avrei ricordato di quella cucina. Mi domandai quale degli innumerevoli momenti che vi avevo trascorso sarebbe rimasto con me.

«Che cosa non sopporti?» ripetè lui.

Mi voltai. «Ricordi Miss Conway? La mia insegnante di francese.

La conosci». Lo guardai. «Ricordi che mi lasciava ascoltare quelle cassette per tutto il tempo che volevo nel laboratorio di lingue dopo la scuola? Ricordi che lo facevo in marzo?» Assentì.

«Bene, le ho chiesto se potevo ricominciare. Pensavo che, se mi potessi applicare a qualcosa che, be’… be’, magari se riuscissi a distrarmi…

In ogni caso, gliel’ho chiesto e sai che cosa mi ha risposto?

No. Semplicemente. Non “forse”. Non “aspetta un po’ di tempo, questo non è il momento”. Soltanto no. Ha detto che non poteva più lasciarmi da sola in laboratorio.

Che non voleva rimanerci lei. Che doveva tenere il laboratorio chiuso a chiave. E

accidenti, papà, prima mi ha lasciato lavorare lì da sola un migliaio di volte».

Guardai nella mia tazza corrugando la fronte. «Capisci come mi sento?» «Sì», fu la risposta.

«Non lo sopporto. È già abbastanza brutto che tutti mi guardino in continuazione, sussurrando sempre: “Ecco la figlia di Mara ÒMalley”. Ma adesso non solo Miss Conway non vuole rimanere da sola con me nel laboratorio, ma non si fida neanche di darmi quelle stupide cassette».

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